La violenza domestica, la violenza psicologica, la violenza economica, la violenza digitale, lo stupro, la molestia, fino ad arrivare ai femminicidi, fanno parte dell’articolato mondo di sopraffazione a cui tantissime donne nel nostro Paese e nel mondo sono sottoposte. Queste forme di violenza, con caratteristiche ben definite ma diverse fra loro, hanno come punto in comune la matrice culturale da cui si dipanano.
Gli stereotipi di genere, ancora così presenti nelle società, il possesso e il controllo all’interno delle relazioni sentimentali, il gender gap e la differenza di salari sono solo alcuni esempi di come la cultura contribuisca a creare dei contesti squilibrati e poco sicuri nei confronti delle donne.
Per riuscire a incidere dentro questi processi culturali è importante intervenire da subito, prima ancora che si sedimentino pregiudizi e stereotipi che non considerano le donne come soggetti liberi e autonomi. Per questa ragione l’evento Unisona curato da Fondazione Una Nessuna Centomila vuole sostenere l’educazione all’affettività e portare l’attenzione su queste problematiche con un focus specifico sulla preadolescenza e l’adolescenza.
Le esperte di Fondazione Una Nessuna Centomila con il contributo di figure specializzate nei diversi ambiti che compongono l’educazione all’affettività e la prevenzione della violenza nel corso dell’incontro dialogheranno con studentesse e studenti attraverso momenti di ascolto e confronto, dibattiti, sondaggi in diretta e rispondendo alle domande provenienti dalle scuole collegate in live streaming.
La mattinata del 25 novembre sarà anche l’occasione per approfondire in modo particolare il fenomeno della violenza digitale, particolarmente presente nell’esperienza quotidiana delle nuove generazioni.
La stragrande maggioranza dei preadolescenti e degli adolescenti in Italia, come in tutti i Paesi digitalizzati del mondo, vive nel web una condizione di esposizione personale e pubblica molto forte. Non c’è passaggio della propria vita che non venga documentato o, meglio, non c’è momento della propria vita in cui non ci si preoccupi di testimoniare la propria esistenza attraverso un video o una foto da mandare in rete. Il virtuale e il reale si confondono. Il corpo sembra non avere peso.
La videocamera di uno smartphone da strumento tecnologico di grande utilità rischia così di trasformarsi in una minaccia, in uno strumento di controllo fortissimo all’interno di relazioni tossiche fra pari. “Se sei a casa, dimostramelo e accendi la telecamera”. “Fammi vedere come sei vestita”. “Voglio vedere con chi sei”. O ancora le geolocalizzazioni, la pretesa di avere le password dei social della propria partner e tante altre forme di violenza. Sono solo alcuni esempi di comuni pressioni quotidiane di fronte alle quali i nostri preadolescenti e adolescenti sono impreparati.
Serve pertanto un intervento formativo e di accompagnamento all’interno delle scuole che dia gli strumenti alle ragazze e ai ragazzi per gestire con consapevolezza i sentimenti e anche gli strumenti tecnologici a loro disposizione. Serve cioè educazione all’affettività: un sapere multidisciplinare e interdisciplinare che comprende la pedagogia, l’educazione sessuale, la psicologia, l’educazione civica e l’educazione al web e ai dispositivi digitali. Un sapere che, naturalmente, prevede modalità d’intervento diverse in base alle fasce d’età e che coinvolge tutto il corpo insegnante e le famiglie per individuare e prevenire la violenza digitale e indirizzare le ragazze e i ragazzi verso figure e luoghi capaci di accogliere i loro disorientamenti e le loro preoccupazioni.
Un lavoro già intrapreso dalla Fondazione Una Nessuna Centomila per lanciare un campanello d’allarme nei confronti di una generazione troppo spesso inascoltata, ma soprattutto per offrire possibili soluzioni a quelle ragazze e ai ragazzi che si sentono senza via d’uscita.